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Vaia. Un tragico evento che ci obbliga a ripensarci
Nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile promosso da ASviS, sostenuto dal Consiglio Regionale Unipol Trento, è stato proposto – questa mattina al MUSE di Trento – un momento di riflessione su Vaia, l’uragano che a fine ottobre 2018 ha distrutto 42.500 ettari di foresta nell’area dolomitica.
A quattro anni da questo disastroso evento è stato fatto il punto della situazione nelle aree colpite, ricordando non solo le iniziative intraprese, ma anche l’analisi delle criticità. Il tutto nella prospettiva del miglioramento del patrimonio forestale, della lotta ai cambiamenti climatici e dell’avvio di una seria politica unitaria di gestione della montagna dolomitica.
Dopo i saluti di Walter Alotti, Segretario Generale UIL del Trentino e Presidente del Consiglio Regionale Unipol, ha preso la parola Walter Nicoletti, firmatario Green Deal per le foreste dolomitiche, evidenziando la straordinarietà dell’evento e la necessità di un radicale cambiamento del modello di sviluppo.
«Serve, anche nella nostra Regione, un atteggiamento più “inquieto” che consideri le foreste come un bene comune. C’è bisogno di innovazione e rilancio delle politiche pubbliche volte alla rivalutazione del territorio. Va posta al centro il bosco e la biodiversità forestale proponendo nuovi stili di vita, dal turismo all’agricoltura. Più in generale è necessaria una visione olistica e una politica unitaria a partire dalle emergenze, come ad esempio quella idrica.»
Fra le relazioni centrali esposte nella mattinata c’è stata quella del geobotanico/ecologo Cesare Lasen su “Foreste e biodiversità: i boschi del domani in epoca di cambiamenti climatici”.
«Il punto di partenza è che il patrimonio naturalistico non è ripristinabile – afferma Lasen – e che gli ambienti forestali presentano il massimo della diversità organizzativa. Anche per l’economia il ruolo delle utilizzazioni forestali è determinante, ma assistiamo a nuove forme di aggressione e depredazione senza giustificazione che poi paghiamo con alluvioni, incendi e le cosiddette “catastrofi naturali” caratterizzate in realtà da un contributo umano tutt’altro che secondario. Il patrimonio forestale, sulla carta, è cresciuto e questo viene opportunamente propagandato – continua – ma si tratta a volte di dati un po’ falsati e la crescita quantitativa non sempre coincide con fattori qualitativi. Ci sono punti di debolezza anche nelle emanazioni di norme europee e nazionali (Testo Unico Forestale) dove si invita a tagliare di più, il che non è del tutto sbagliato, ma va circoscritto solo ad alcune situazioni e in generale, più che tagliare maggiormente, bisogna tagliare meglio e solo dove serve. C’è chi si oppone dogmaticamente all’utilizzazione delle risorse forestali, ma anche chi alimenta solo interessi economici e non ecologici. Molti fisici – conclude – sono convinti che ci troviamo di fronte a una grave crisi climatica. La chiave è investire in formazione per aumentare conoscenza e consapevolezza a cominciare dal paesaggio, componente fondamentale in ogni processo di pianificazione. Senza conoscenza non possono esserci rispetto e tutela.»
Alla relazione è seguita la tavola rotonda “Le aree colpite da VAIA, a che punto siamo?” a cui hanno partecipato Caterina Gagliano (del servizio Foreste provincia di Trento), Gianmaria Sommavilla, Dirigente del Servizio Foreste Provincia di Belluno, Guenther Unterhiner, Dirigente del Servizio Foreste Provincia di Bolzano e Rinaldo Comino, Dirigente del Servizio Foreste Regione Friuli-Venezia Giulia.
È stata poi presentata una serie di buone pratiche nell’ambito della rassegna “La foresta che cresce: visioni per la montagna di domani”. Tra gli interventi: Bruno Crosignani, già direttore ufficio Cavalese Servizio Foreste Provincia di Trento, Alessandra Gomiero, Progettista recupero area Bedolpian, Albino Angeli, Amministratore delegato Xlam Dolomiti, Andrea Giovannini, allevatore e Giada Mearns, insegnante CFP ENAIP settore legno Tesero.
Le conclusioni sono state affidate a Marta Villa del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento.
Il tutto è stato moderato da Marika Giovannini, giornalista del Corriere del Trentino.
Su rainews.it il servizio video del TGR Trento
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A quattro anni da questo disastroso evento è stato fatto il punto della situazione nelle aree colpite, ricordando non solo le iniziative intraprese, ma anche l’analisi delle criticità. Il tutto nella prospettiva del miglioramento del patrimonio forestale, della lotta ai cambiamenti climatici e dell’avvio di una seria politica unitaria di gestione della montagna dolomitica.
Dopo i saluti di Walter Alotti, Segretario Generale UIL del Trentino e Presidente del Consiglio Regionale Unipol, ha preso la parola Walter Nicoletti, firmatario Green Deal per le foreste dolomitiche, evidenziando la straordinarietà dell’evento e la necessità di un radicale cambiamento del modello di sviluppo.
«Serve, anche nella nostra Regione, un atteggiamento più “inquieto” che consideri le foreste come un bene comune. C’è bisogno di innovazione e rilancio delle politiche pubbliche volte alla rivalutazione del territorio. Va posta al centro il bosco e la biodiversità forestale proponendo nuovi stili di vita, dal turismo all’agricoltura. Più in generale è necessaria una visione olistica e una politica unitaria a partire dalle emergenze, come ad esempio quella idrica.»
Fra le relazioni centrali esposte nella mattinata c’è stata quella del geobotanico/ecologo Cesare Lasen su “Foreste e biodiversità: i boschi del domani in epoca di cambiamenti climatici”.
«Il punto di partenza è che il patrimonio naturalistico non è ripristinabile – afferma Lasen – e che gli ambienti forestali presentano il massimo della diversità organizzativa. Anche per l’economia il ruolo delle utilizzazioni forestali è determinante, ma assistiamo a nuove forme di aggressione e depredazione senza giustificazione che poi paghiamo con alluvioni, incendi e le cosiddette “catastrofi naturali” caratterizzate in realtà da un contributo umano tutt’altro che secondario. Il patrimonio forestale, sulla carta, è cresciuto e questo viene opportunamente propagandato – continua – ma si tratta a volte di dati un po’ falsati e la crescita quantitativa non sempre coincide con fattori qualitativi. Ci sono punti di debolezza anche nelle emanazioni di norme europee e nazionali (Testo Unico Forestale) dove si invita a tagliare di più, il che non è del tutto sbagliato, ma va circoscritto solo ad alcune situazioni e in generale, più che tagliare maggiormente, bisogna tagliare meglio e solo dove serve. C’è chi si oppone dogmaticamente all’utilizzazione delle risorse forestali, ma anche chi alimenta solo interessi economici e non ecologici. Molti fisici – conclude – sono convinti che ci troviamo di fronte a una grave crisi climatica. La chiave è investire in formazione per aumentare conoscenza e consapevolezza a cominciare dal paesaggio, componente fondamentale in ogni processo di pianificazione. Senza conoscenza non possono esserci rispetto e tutela.»
Alla relazione è seguita la tavola rotonda “Le aree colpite da VAIA, a che punto siamo?” a cui hanno partecipato Caterina Gagliano (del servizio Foreste provincia di Trento), Gianmaria Sommavilla, Dirigente del Servizio Foreste Provincia di Belluno, Guenther Unterhiner, Dirigente del Servizio Foreste Provincia di Bolzano e Rinaldo Comino, Dirigente del Servizio Foreste Regione Friuli-Venezia Giulia.
È stata poi presentata una serie di buone pratiche nell’ambito della rassegna “La foresta che cresce: visioni per la montagna di domani”. Tra gli interventi: Bruno Crosignani, già direttore ufficio Cavalese Servizio Foreste Provincia di Trento, Alessandra Gomiero, Progettista recupero area Bedolpian, Albino Angeli, Amministratore delegato Xlam Dolomiti, Andrea Giovannini, allevatore e Giada Mearns, insegnante CFP ENAIP settore legno Tesero.
Le conclusioni sono state affidate a Marta Villa del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento.
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