Presentato il rapporto dell’osservatorio europeo sulla sicurezza realizzato da Demos&Pi e Fondazione Unipolis
La preoccupazione per il Covid-19, rispetto all’inizio del 2020, occupa larga parte dello spazio in precedenza impegnato da altre paure, che in generale declinano.
Il Coronavirus è, dopo i temi economici, la prima preoccupazione sia per i cittadini europei (Germania, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito) sia per il 26% degli italiani. L’86% dei nostri concittadini si dice molto o abbastanza preoccupato anche se il recente andamento del piano vaccinale indica un calo nelle rilevazioni degli ultimi mesi.
In Italia i temi economici conservano comunque un rilievo prioritario, in particolare per quanto riguarda il capitolo del lavoro. Nel complesso, tre persone su dieci, nel nostro Paese, indicano come priorità un tema di tipo economico. Più in dettaglio, solo il 26% degli italiani si dice soddisfatto dell’andamento economico (contro il 71% dei Paesi Bassi e il 56% della Germania), mentre più del 50% è soddisfatto del quadro economico del proprio nucleo familiare.
Tende invece a passare in secondo piano il tema della “inefficienza e corruzione politica” che si contrae dal 28 al 10% delle persone che pongono questa questione in cima alla lista delle priorità. Anche il tema dell’immigrazione conosce un significativo ridimensionamento così come quello della criminalità.
È quanto emerge dalla tredicesima edizione del rapporto dell’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza, realizzato da Demos&Pi e Fondazione Unipolis, che, in questa edizione, ha realizzato due rilevazioni demoscopiche che indagano sull’evoluzione del senso di insicurezza dei cittadini e, per la prima volta, sul tema dell’innovazione scientifica e tecnologica.
I risultati del rapporto sono stati presentati nel corso di un evento, svoltosi ieri, alla presenza di Pierluigi Stefanini, presidente Gruppo Unipol e Fondazione Unipolis, Marisa Parmigiani, Direttrice della Fondazione Unipolis, Ilvo Diamanti, Fabio Bordignon e Martina di Pierdomenico, di Demos&Pi e docenti dell’Università di Urbino Carlo Bo, di Vilberto Stocchi, Rettore dell’Università Telematica San Raffaele Roma e di Stefania Aloia – Vice Direttrice La Repubblica.
Nel corso dell’ultimo anno si registra un significativo ridimensionamento delle tre principali dimensioni oggetto del rapporto: l’insicurezza legata alla criminalità, l’insicurezza economica e quella globale. Nell’anno del Covid, infatti, tutte le altre fonti di inquietudine tengono a passare in secondo piano e, addirittura, declinano anche rispetto al quadro pre-pandemico.
L’indice relativo all’insicurezza globale scende infatti al 70% (rispetto al 81% del marzo 2020), quello relativo all’insicurezza economica ripiega al 53% (dal picco del 69% della prima ondata pandemica) e quello legato alla criminalità passa dal 32% al 30%.
Per quanto riguarda la criminalità, nell’anno della pandemia la possibilità di essere vittime di alcuni tipi di reato si è ridotta sensibilmente confermando la generale attenuazione dell’insicurezza legata a questo fenomeno. Nonostante le statistiche segnalino il rischio di una crescita della violenza di tipo domestico, a temere violenze di questo tipo è il 9% degli intervistati, in linea con i dati dello scorso anno. La prima paura, per circa un terzo degli intervistati, rimane quella legata alla criminalità organizzata, in crescita soprattutto tra le donne, in particolare casalinghe di età compresa tra i 55 e i 64 anni.
Le paure economiche non solo si contraggono rispetto a marzo 2020 ma tornano su un livello inferiore rispetto al periodo pre-pandemico (gennaio 2020). Il timore di perdere la pensione o di ritrovarsi disoccupati scende, nel 2021, al 32% e al 29% così come la paura di “non avere abbastanza soldi per vivere” scende al 29% dal 39% del marzo 2020. L’insicurezza economica si manifesta principalmente in età lavorativa nella fascia di età 35-44 anni.
Nonostante una complessiva attenuazione dell’insicurezza economica tra il 2020 e il 2021, permane un quadro di persistente difficoltà: si conferma infatti intorno al 17% la componente che dichiara di avere in famiglia almeno una persona che ha perso il lavoro nei 12 mesi precedenti il sondaggio e sale al 30% la quota di chi, in prima persona o attraverso parenti vicini, ha conosciuto un peggioramento della posizione lavorativa (cassa integrazione o riduzione orario lavorativo). Infine, il 21% dichiara di avere in famiglia una persona che “è stata impossibilitata a proseguire nella sua attività lavorativa, pur senza essere licenziata o messa in cassa integrazione”.
Per quanto riguarda le insicurezze globali, si conferma al primo posto l’insicurezza di tipo ambientale (57%) mentre si registra una significativa crescita dei timori legati alle epidemie (46%), in particolare tra le persone di età compresa tra i 55 e i 64 anni, mentre tra i giovanissimi è forte la preoccupazione legata alla distruzione dell’ambiente e della natura.
L’indagine ha inoltre investigato il rapporto tra i cittadini e l’evoluzione scientifico-tecnologica, dal quale emerge un atteggiamento di sostanziale fiducia nei confronti della scienza (90% in Italia), anche se solo nell’11% dei casi si tratta di fiducia “incondizionata”. Valori di fiducia molto più bassi rispetto all’Italia sono stati registrati negli altri Paesi: Germania 78%, Francia 74%, Regno Unito e Paesi Bassi 70%. In particolare, si ravvisa una maggior fiducia in affermazioni pronunciate da medici o scienziati appartenenti al settore pubblico (76%) mentre scende al 61% per soggetti che lavorano in aziende private.
Pur riponendo fiducia nella comunità scientifica, il 54% degli intervistati pensa che gli scienziati debbano essere consultati ma che, alla fine, dovrebbero essere comunque i politici a decidere.
In generale, infatti, la larghissima parte degli intervistati percepisce come molto o abbastanza positivi gli effetti dello sviluppo scientifico e tecnologico, tuttavia più di una persona su quattro (con una preponderanza delle donne) si dichiara “frequentemente” preoccupata che scienza e tecnologia possano avere effetti negativi sull’ambiente o facciano perdere contatto con la natura.
La versione integrale del Rapporto può essere richiesta al seguente indirizzo email: segreteria@fondazioneunipolis.org.
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La preoccupazione per il Covid-19, rispetto all’inizio del 2020, occupa larga parte dello spazio in precedenza impegnato da altre paure, che in generale declinano.
Il Coronavirus è, dopo i temi economici, la prima preoccupazione sia per i cittadini europei (Germania, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito) sia per il 26% degli italiani. L’86% dei nostri concittadini si dice molto o abbastanza preoccupato anche se il recente andamento del piano vaccinale indica un calo nelle rilevazioni degli ultimi mesi.
In Italia i temi economici conservano comunque un rilievo prioritario, in particolare per quanto riguarda il capitolo del lavoro. Nel complesso, tre persone su dieci, nel nostro Paese, indicano come priorità un tema di tipo economico. Più in dettaglio, solo il 26% degli italiani si dice soddisfatto dell’andamento economico (contro il 71% dei Paesi Bassi e il 56% della Germania), mentre più del 50% è soddisfatto del quadro economico del proprio nucleo familiare.
Tende invece a passare in secondo piano il tema della “inefficienza e corruzione politica” che si contrae dal 28 al 10% delle persone che pongono questa questione in cima alla lista delle priorità. Anche il tema dell’immigrazione conosce un significativo ridimensionamento così come quello della criminalità.
È quanto emerge dalla tredicesima edizione del rapporto dell’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza, realizzato da Demos&Pi e Fondazione Unipolis, che, in questa edizione, ha realizzato due rilevazioni demoscopiche che indagano sull’evoluzione del senso di insicurezza dei cittadini e, per la prima volta, sul tema dell’innovazione scientifica e tecnologica.
I risultati del rapporto sono stati presentati nel corso di un evento, svoltosi ieri, alla presenza di Pierluigi Stefanini, presidente Gruppo Unipol e Fondazione Unipolis, Marisa Parmigiani, Direttrice della Fondazione Unipolis, Ilvo Diamanti, Fabio Bordignon e Martina di Pierdomenico, di Demos&Pi e docenti dell’Università di Urbino Carlo Bo, di Vilberto Stocchi, Rettore dell’Università Telematica San Raffaele Roma e di Stefania Aloia – Vice Direttrice La Repubblica.
Nel corso dell’ultimo anno si registra un significativo ridimensionamento delle tre principali dimensioni oggetto del rapporto: l’insicurezza legata alla criminalità, l’insicurezza economica e quella globale. Nell’anno del Covid, infatti, tutte le altre fonti di inquietudine tengono a passare in secondo piano e, addirittura, declinano anche rispetto al quadro pre-pandemico.
L’indice relativo all’insicurezza globale scende infatti al 70% (rispetto al 81% del marzo 2020), quello relativo all’insicurezza economica ripiega al 53% (dal picco del 69% della prima ondata pandemica) e quello legato alla criminalità passa dal 32% al 30%.
Per quanto riguarda la criminalità, nell’anno della pandemia la possibilità di essere vittime di alcuni tipi di reato si è ridotta sensibilmente confermando la generale attenuazione dell’insicurezza legata a questo fenomeno. Nonostante le statistiche segnalino il rischio di una crescita della violenza di tipo domestico, a temere violenze di questo tipo è il 9% degli intervistati, in linea con i dati dello scorso anno. La prima paura, per circa un terzo degli intervistati, rimane quella legata alla criminalità organizzata, in crescita soprattutto tra le donne, in particolare casalinghe di età compresa tra i 55 e i 64 anni.
Le paure economiche non solo si contraggono rispetto a marzo 2020 ma tornano su un livello inferiore rispetto al periodo pre-pandemico (gennaio 2020). Il timore di perdere la pensione o di ritrovarsi disoccupati scende, nel 2021, al 32% e al 29% così come la paura di “non avere abbastanza soldi per vivere” scende al 29% dal 39% del marzo 2020. L’insicurezza economica si manifesta principalmente in età lavorativa nella fascia di età 35-44 anni.
Nonostante una complessiva attenuazione dell’insicurezza economica tra il 2020 e il 2021, permane un quadro di persistente difficoltà: si conferma infatti intorno al 17% la componente che dichiara di avere in famiglia almeno una persona che ha perso il lavoro nei 12 mesi precedenti il sondaggio e sale al 30% la quota di chi, in prima persona o attraverso parenti vicini, ha conosciuto un peggioramento della posizione lavorativa (cassa integrazione o riduzione orario lavorativo). Infine, il 21% dichiara di avere in famiglia una persona che “è stata impossibilitata a proseguire nella sua attività lavorativa, pur senza essere licenziata o messa in cassa integrazione”.
Per quanto riguarda le insicurezze globali, si conferma al primo posto l’insicurezza di tipo ambientale (57%) mentre si registra una significativa crescita dei timori legati alle epidemie (46%), in particolare tra le persone di età compresa tra i 55 e i 64 anni, mentre tra i giovanissimi è forte la preoccupazione legata alla distruzione dell’ambiente e della natura.
L’indagine ha inoltre investigato il rapporto tra i cittadini e l’evoluzione scientifico-tecnologica, dal quale emerge un atteggiamento di sostanziale fiducia nei confronti della scienza (90% in Italia), anche se solo nell’11% dei casi si tratta di fiducia “incondizionata”. Valori di fiducia molto più bassi rispetto all’Italia sono stati registrati negli altri Paesi: Germania 78%, Francia 74%, Regno Unito e Paesi Bassi 70%. In particolare, si ravvisa una maggior fiducia in affermazioni pronunciate da medici o scienziati appartenenti al settore pubblico (76%) mentre scende al 61% per soggetti che lavorano in aziende private.
Pur riponendo fiducia nella comunità scientifica, il 54% degli intervistati pensa che gli scienziati debbano essere consultati ma che, alla fine, dovrebbero essere comunque i politici a decidere.
In generale, infatti, la larghissima parte degli intervistati percepisce come molto o abbastanza positivi gli effetti dello sviluppo scientifico e tecnologico, tuttavia più di una persona su quattro (con una preponderanza delle donne) si dichiara “frequentemente” preoccupata che scienza e tecnologia possano avere effetti negativi sull’ambiente o facciano perdere contatto con la natura.
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