#nessunodasolo

Il 26 gennaio si è svolta Bologna la 5° Assemblea Nazionale dei CRU UNIPOL che ha avuto un'altissima partecipazione dei delegati provenienti da ogni parte d'Italia che hanno riempito il grande Auditorium UNIPOL. È stata una bella occasione di incontro per fare il punto su quello che CRU sta facendo e vuole fare nel 2016.

Grande successo ha avuto anche la componente social dell'evento, grazie all'attivazione del tweetwall che ha coinvolto gli ospiti in platea via twitter stimolandoli ad usare l’hashtag #nessunodasolo. A fine lavori, il tweetwall ha contato oltre 700 messaggi postati da tutta Italia.

Ecco una galleria con le foto della mattinata:

 


 

Rassegna stampa on-line

Blog Torino Nord-Ovest

Cisl Piemonte

Cisl Marche


Il saluto introduttivo di Aleardo Benuzzi, Responsabile Nazionale dei CRU Unipol

IL RUOLO SOCIALE DELL’ASSICURAZIONE

NESSUNO DEVE ESSERE LASCIATO SOLO” è lo slogan che abbiamo individuato per questa 5° Assemblea Nazionale dei CRU Unipol. Per il nostro gruppo assicurativo questo slogan vuole essere un modo per richiamare una volta di più il ruolo sociale dell’assicurazione.
Cosa intendiamo per ruolo sociale dell’assicurazione e come lo dobbiamo interpretare? Principalmente in 3 declinazioni:

  1. Partnership di soluzione
  2. Il mutualismo
  3. Le reti fisiche sui territori

1- Di fronte alle difficoltà attuali del sistema paese è necessario trovare nuove risposte di integrazione pubblico – privato. Faccio un esempio in campo sanitario perchè è di più immediata comprensione. Oggi, in campo socio-sanitario, l’integrazione pubblico-privato a cui solitamente si pensa è di carattere meramente esecutivo, “verticale” potremmo dire, cioè le prestazioni sono fornite ai cittadini o direttamente dalle strutture pubbliche o dalle strutture private convenzionate con il pubblico. In un sistema in cui la questione del controllo dei costi è fondamentale, sia per il pubblico che per il privato, il tema della partnership, a nostro avviso, necessariamente si colloca sul piano della progettazione complessiva di un servizio, divenendo così più “orizzontale”, con il risultato, tra l’altro, di definire in modo più trasparente il costo per i cittadini di una determinata prestazione.

In sostanza, in una partnership di soluzione diventa necessario, per il pubblico e il privato, coprogettare le modalità di erogazione di un determinato servizio.

Questa impostazione necessita di due requisiti imprescindibili:

A. Il pubblico detta le regole. Sul suo capo deve restare il compito di programmazione e di controllo, che non può e non deve essere delegato ad alcuno;
B. I privati chiamati a realizzare questo tipo di partnership debbono cercare un rapporto equilibrato fra la propria attività e la sostenibilità, incorporando quest’ultima nel proprio pensiero strategico e nelle conseguenti politiche aziendali. Sostenibilità intesa complessivamente in chiave economico-sociale e considerata nell’ ottica dell’insieme della società e del contesto in cui un’azienda opera.

2- Da questo primo livello elaborativo scaturisce la questione del mutualismo, inteso proprio come una possibile modalità per non lasciare nessuno da solo. Oggi, con l’attuale schema di sussidiarietà verticale, chi non è nella filiera del tradizionale assetto produttivo rischia di essere lasciato solo e quindi a noi pare necessaria l’attualizzazione di un principio antico, ma sempre valido nella sua accezione profonda: il mutualismo e l’autorganizzazione sociale.

3-Terzo livello del ragionamento: l’autorganizzazione sociale può trovare nelle reti fisiche sul territorio uno strumento di realizzazione oltre che di diffusione di soluzioni individuali accessibili, il cosiddetto terzo pilastro (anche così nessuno viene lasciato solo).

In sostanza, proponiamo:
- un pubblico forte e qualificato che scelga, programmi e controlli, un privato solido che, coprogettando con il pubblico, investa in soluzioni innovative;
- nella migliore tradizione del movimento cooperativo e mutualistico, una pratica di autorganizzazione sociale che superi in avanti la dicotomia di un pubblico che si ritira sempre più per problemi di disponibilità di risorse e di un privato costretto a soluzioni fai da te, quasi sempre penalizzanti per le persone singole, data la forte disparità di potere contrattuale e costosità delle soluzioni;
- infine, proponiamo che, sui territori, Unipol e le Organizzazioni del mondo del lavoro e delle imprese cerchino di tradurre questi orientamenti, se condivisi, in un rapporto solido e concreto.

Per Unipol questa visione è doppiamente impegnativa, per la matrice sociale da cui deriva e di cui è permeata e per il settore in cui opera, quello della sicurezza delle persone e delle imprese.

Questi sono gli aspetti di fondo che, a mio avviso, tengono insieme i tre filoni.

I CRU NELLA REALTA’ DELLA NUOVA IMPRESA
In un contesto così diverso i CRU non possono più essere, se mai siano stati solo questo, una sorta di comitati di propaganda per Unipol, ma sempre più dovranno rappresentare momenti e sedi nei quali rendiamo concreti e praticati i rispettivi punti di vista e i rapporti sul territorio, in chiave di collaborazione reciproca.
In poche parole una sede in cui facciamo mutualità di esperienze diverse.
In questo senso, proprio allo scopo di qualificare bene le relazioni e le reciproche opportunità nel nuovo contesto in cui tutti ci troviamo, anche in considerazione del ruolo che il gruppo è chiamato a svolgere nel sistema Italia, penso che sia opportuno aggiornare la nozione di mercato di riferimento, che è stata una caratteristica dello sviluppo di Unipol dagli anni 70 in poi.
Un modello di relazione basato sul concetto di stakeholder management a me pare risponda meglio alle rispettive esigenze.
Questa nuovo tratto delle nostre relazioni, a mio avviso, presuppone:

  • una prospettiva generale condivisa (che si rispecchia nelle iniziative sui territori)
  • sedi di confronto (i CRU, rinnovati e aggiornati, che mantengono tutta la loro attualità)
  • strumenti specifici adeguati di informazione e di circolazione delle idee e delle informazioni

In realtà, nell’attività sui territori, già da qualche tempo ci muoviamo secondo una logica di stakeholder engagement.
Dalla precedente assemblea abbiamo realizzato una serie di iniziative che, a mio avviso, vanno in questa direzione.

Nel corso del 2016 vorremmo ampliare e mettere a regime questo modello di relazione, attraverso una serie di ulteriori progetti, dai quali possa emergere il ruolo di Unipol come sostenitore di iniziative di sviluppo locale, individuate ed elaborate con le parti sociali e in collaborazione con le amministrazioni pubbliche, in particolare le Regioni.
Insomma, un vasto e differenziato lavoro di partenariato sui diversi territori.
Il lavoro messo in cantiere nelle regioni del sud potrebbe anche sfociare in un momento specifico di discussione sul meridione organizzato da tutti i CRU delle regioni meridionali.
L’obiettivo di stare a pieno titolo in Europa non può infatti riguardare solo una parte del nostro paese, ma deve comprendere tutta l’Italia, a maggior ragione se considerato dal punto di vista di una grande impresa nazionale.
Per concludere questa parte del mio intervento:
bilanciamento degli interessi, sostenibilità, responsabilità verso i territori, anche attraverso la partecipazione a questo insieme di iniziative; condivisione di punti di vista, idee e valori con il mondo che produce impresa e lavoro, secondo un’idea di sviluppo e di sostenibilità che guarda all’insieme delle comunità, delle Istituzioni e della società.
Per noi tutto questo rappresenta un profilo di azienda e un modo di stare sul mercato; per i CRU può rappresentare una modello partecipativo di relazione moderna con una grande azienda italiana di servizi.

UNA RINNOVATA RELAZIONE FRA LE ORGANIZZAZIONI E UNIPOL
Nel corso del 2016 si apriranno le trattative per una serie di importanti rinnovi contrattuali e andremo al rinnovo delle convenzioni nazionali.
Si tratta di fatti molto diversi fra loro ma entrambi significativi per la qualità delle nostre relazioni.
Nel primo campo, secondo quello che emerge dalla stampa, il tema di individuare soluzioni di welfare integrativo a vantaggio dei lavoratori sarà fortemente presente nelle piattaforme e nelle possibili chiusure di accordi: le esperienze compiute in passato, ma anche il lavoro fatto dai CRU sui territori ci dicono che anche in questa circostanza Unipol potrebbe rappresentare per le OO.SS. un soggetto di riferimento sul mercato.
Nel secondo caso, il rinnovo delle convenzioni nazionali, ci aspetta un lavoro importante anche in termini di innovazione.
Due, a mio avviso, dovrebbero essere i punti fermi da cui partire per questa attività: individuare soluzioni adeguate per gli iscritti alle Organizzazioni e realizzare attività di conoscenza e di sviluppo sui territori. Entrambe le cose le possiamo fare insieme.
So bene che sul tema delle convenzioni, a volte, siamo in presenza di criticità e di contraddizioni che ne frenano le potenzialità: ma sono anche convinto che l’approccio giusto sia quello di governare queste criticità e contraddizioni con la capacità di capirci reciprocamente.
Gli ultimi due temi che metto alla vostra attenzione, e di cui citerò soltanto il titolo, sono quelli dei progetti di collaborazione fra le nostre reti sul territorio e dei nuovi strumenti di informazione e di comunicazione che vogliamo mettere a punto.
Nel campo dei progetti di collaborazione abbiamo esperienze che è utile condividere, analizzare, migliorare, uscendo dalla fase “artigianale” che le ha contraddistinte, per passare invece ad un livello più “industriale”, mettendo a regime i rapporti e strutturando meglio i processi. Penso alle diverse iniziative che abbiamo realizzato con i CAF, anche con significativi risultati, che è bene riprendere e qualificare; penso al progetto produttori della CIA, per il rilancio del quale stiamo lavorando.
Un cenno finale sugli strumenti di condivisione di informazioni e di esperienze. Nel 2016 faremo un deciso salto di qualità in fatto di strumenti social: avremo il sito dei CRU, il rilancio della newsletter, la pagina facebook e il profilo twitter.
Stiamo quindi investendo anche in questo campo: il miglior ritorno di questo investimento per noi sarà l’effettivo utilizzo di questi strumenti e di queste opportunità da parte dei nostri stakeholder: sono sicuro che se questo avverrà ci saremo reciprocamente arricchiti e qualificati.


CRU e i social media

I CRU Unipol si sono posti come obiettivo per il 2016 quello di aumentare la dinamicità comunicativa con l’obiettivo prioritario di rafforzare le reti di relazioni e la condivisione delle esperienze tra i diversi territori.

Pe fare questo oggi è indispensabile l'utilizzo del web e dei nuovi strumenti, in particolare dei social media.

È per questo che il coordinamento dei CRU ha pensato ad un sito in versione magazine e ha aperto una pagina Facebook e un profilo Twitter.

Ora sta (anche) a voi seguire questi profili, partecipare, condividere. E se pensate che qualcuno possa essere interessato  invitatelo a mettere "mi piace". È facile! Basta andare sulla nostra pagina Facebook e usare l'apposita funzione

CRU_Unipol


Cru Unipol

5° Assemblea Nazionale CRU

Bologna, Auditorium UNIPOL, 21 Gennaio 2016 ore 10.00

Il tema dell'Assemblea nazionale dei CRU che si terrà a Bologna il prossimo 21 gennaio 2016 sarà l’esigenza per tutta l’industria assicurativa italiana, e per Unipol in primo luogo, primo gruppo italiano nei rami danni, di porsi di fronte ai problemi di protezione sociale del XXI secolo (temi di cui ha parlato recentemente l’AD del gruppo Carlo Cimbri in una serie di interventi): la sanità, la previdenza, le calamità naturali, il lavoro.

Il titolo dell’assemblea, NESSUNO DEVE ESSERE LASCIATO SOLO, riflette proprio questa impostazione: Unipol, anche attraverso le sue reti, vuole stare in mezzo alle persone, con i propri professionisti e le proprie proposte, imprenditoriali e di soluzioni. Proveremo a trattare questo tema, così vasto e complesso, lungo tre prospettive, ciascuna delle quali sarà articolata in approfondimenti su parole chiave, affidate agli stessi Presidenti CRU:

  1. Una collaborazione più avanzata fra pubblico e privato. Dalla partnership di esecuzione alla partnership di soluzioni. Il rapporto pubblico-privato viene prevalentemente pensato come sussidiarietà verticale, cioè come una filiera lungo la quale parti di attività vengono “lasciate” al privato. In una logica di partnership di soluzioni la sussidiarietà diventa orizzontale, è un mix di progettazione ed esecuzione. In altri termini: l’opportunità di potere disporre di risorse e investimenti privati, ad esempio in attività di welfare mix, necessita inevitabilmente spazi di codeterminazione nella progettazione del servizio e nella predisposizione delle soluzioni organizzative, anche per una comune esigenza, del pubblico e del privato, di controllo dei costi.
    Il pubblico mantiene compiti di programmazione e di governo del processo, mentre la progettazione delle soluzioni, in coerenza con le finalità dei decisori pubblici, avviene insieme al privato.
  2. Il mutualismo nella società del rischio. Organizzare la domanda, progettare la risposta.
    Se è vero, ad esempio, che in sanità oltre 33 mrd vengono lasciati all’out of pocket c’è un problema di organizzazione in forma collettiva di questa spesa, difendendo in tal modo i ceti meno abbienti, che comunque concorrono a determinarla.
    Inoltre oltre alla necessità di organizzare la spesa dei singoli, è probabilmente venuto il momento anche di riflettere sulla struttura delle forme integrative esistenti, che spesso corrono il rischio di difendere solo una parte sociale (i dipendenti delle grandi imprese che hanno fondi integrativi oppure i grandi fondi nazionali di categoria).
    Queste forme spesso ignorano i dipendenti delle piccole e medie imprese, i lavoratori precari e i lavoratori non dipendenti. Il mutualismo si presenta così come una forma antica, ma sempre moderna, di tutela dei più deboli, dove il pubblico fa sempre più fatica ad arrivare.
    Organizzare queste forme di tutela può rappresentare quindi anche un’opportunità per i corpi intermedi, di riaffermare il proprio insostituibile ruolo.
  3. Una nuova relazione fra Organizzazioni e Unipol. Le reti fisiche sul territorio. Senza sottovalutare l’importanza delle reti virtuali e delle nuove forme di comunicazione, che saranno utilizzate anche nel corso dell’assemblea, le reti fisiche sono il principale strumento per non lasciare nessuno da solo. A questo scopo le reti fisiche di Unipol e delle strutture di servizio delle Organizzazioni possono interagire positivamente: la professionalità, le soluzioni e il servizio delle agenzie Unipol insieme alla capillarità delle reti di servizio delle organizzazioni possono rappresentare un’opportunità in più per i lavoratori e i piccoli imprenditori artigiani e commercianti. D’altro canto le organizzazioni stanno ripensando complessivamente le proprie strutture e le proprie attività di servizio. In una accezione di partnership fra Unipol (in particolare le agenzie del territorio) e queste strutture come possiamo pensare ad una relazione efficace? Abbiamo qualche esperienza che può rappresentare un punto di riferimento, da lì possiamo partire per ulteriori innovazioni in questo senso. In prospettiva, queste reti (sia le nostre che quelle delle organizzazioni) possono diventare sedi di diffusione di forme mutualistiche. Più nel breve possono diventare momenti di proposizione di soluzioni individuali contrattate (le convenzioni nazionali).

Da questa breve esposizione emerge quindi tutta la valenza in termini di prospettiva di lungo periodo che abbiamo dato all’assemblea di quest’anno che, proprio per questo, abbiamo voluto aperta alla partecipazione del più largo numero possibile di rappresentanti regionali e territoriali delle Organizzazioni del mondo del lavoro, delle imprese e della cooperazione.

Vi aspetto!

Aleardo Benuzzi


Ecco il programma della mattinata:

10:00 APERTURA E SALUTI Pierluigi Stefanini, Presidente Unipol Gruppo

10:10 I CONSIGLI REGIONALI UNIPOL NELLA REALTÀ DELLA NUOVA IMPRESA Aleardo Benuzzi, Responsabile CRU

10:20 Una collaborazione più avanzata fra pubblico e privato. Da partnership di esecuzione a partnership di soluzione. Presidenti CRU: Vincenzo Colla, Emilia Romagna; Antonio Falotico, Basilicata; Graziano Di Costanzo, Abruzzo; Franco Ianeselli, Trento; Donato Campolieti, Molise; Alba Lizzambri, Liguria; Alessandro Meozzi, Umbria
11:10 LINEE GUIDA DEL PIANO INDUSTRIALE 2016/2018 Matteeo Laterza, D.G. UnipolSai Assicurazioni

11.20 Il mutualismo nella società del rischio. Organizzare la domanda, proge are la risposta. Presidenti CRU: Pasquale Capellupo, Calabria; Giulio Fortuni, Veneto; Domenico Falcomatà, Valle d’Aosta; Carmelo Rollo, Puglia; Claudio Di Berardino, Lazio; Luca Bernareggi, Lombardia

12:10 AGENTI UNIPOLSAI: EVOLUZIONE DEL RUOLO E FUNZIONE SOCIALE Salvatore Lauria, Agente UnipolSai Assicurazioni

12:20 Una rinnovata relazione fra le Organizzazioni e Unipol. Le reti fisiche sul territorio. Presidenti CRU: Toni Serafini, Bolzano; Stefano Mastrovincenzo, Marche; Massimo Biagioni, Toscana; Claudio Cinti, Friuli Venezia Giulia; Giovanna Castagna, Sicilia; Ludovico Actis Perinetto, Piemonte; Gabriella Caria, Sardegna

13:10 UNIPOL VERSO IL FUTURO Carlo Cimbri, A.D. Unipol Gruppo

 

 

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Cru Unipol

Come si è affermata la grande impresa cooperativa in Italia

21 Gennaio 2016, Auditorium UNIPOL via Stalingrado 37, Bologna ore 15.00

Presentazione del libro

"Come si è affermata la grande impresa cooperativa in Italia"

Il ruolo strategico di Enea Mazzoli

Presentazione del libro di Vera Zamagni

L’imprenditorialità cooperativa ha dato all’Italia dell’ultimo mezzo secolo un importante contributo di a ività e occupazione. Il libro ripercorre la carriera di Enea Mazzoli, dapprima dirigente del se ore consumo e poi presidente di Unipol, alla scoperta del segreto di questa oritura cooperativa, che risiede in un modello d’impresa sostenibile, perché tiene insieme e cienza di mercato e ideali di solidarietà.

 

Interverranno:

Giuliano Poletti (Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali)

Pierluigi Stefanini (Presidente Gruppo Unipol)


 

Programma

Ore 15.00: inizio incontro

Intervengono
Carlo Cimbri, Amministratore Delegato Gruppo Unipol
Rita Ghedini, Presidente Legacoop Bologna
Enea Mazzoli, Presidente Onorario Gruppo Unipol
Giuliano Poletti, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
Pierluigi Stefanini, Presidente Gruppo Unipol
Vera Zamagni, autrice del libro, professore di Storia Economica presso l’Università di Bologna

Ore 17.30: chiusura incontro

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Economia della terra. Cibo, territorio, vocazioni, sviluppo in Calabria.

Un paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sempre più nell’arretramento. È la fotografia emersa dalle anticipazioni del Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno presentato lo scorso luglio. Scrivere il rapporto che nel 2014, per il settimo anno consecutivo, il PIL del Mezzogiorno è risultato negativo (-1,3%) con una riduzione complessiva negli anni della crisi pari al 13%, quasi il doppio della flessione registrata nel Centro-Nord (-7,4%).

Mentre il PIL pro capite tornava ai livelli di quindici anni fa, oltre il 60% dei cittadini meridionali ha un reddito pro capite che non supera 12.000 euro annui, i consumi delle famiglie sono crol-lati del 13%, gli investimenti nell’industria del 59%, nel settore dell’agricoltura del 38% - ma tale contrazione si associata a difficoltà strutturali come le modeste dimensioni delle aziende, l’invecchiamento degli imprenditori, un valore aggiunto del settore diminuito dall’inizio degli anni Duemila del 16%.

La difficoltà complessiva della produzione nel Mezzogiorno si lega a un mercato del lavoro in grande affanno. Se l’occupazione è una priorità nazionale, vale particolarmente al Sud, dove nel 2014 si è ulteriormente contratta (-0,8%), mentre al Centro-Nord tornava un poco a crescere. Il tasso di disoccupazione giovanile nel Mezzogiorno, infine, ha toccato quota 56%.

La riduzione cumulata del PIL risulta, per quasi tutte le regioni meridionali, più accentuata che nella maggior parte delle regioni del Centro-Nord, ma la situazione non è uniforme: nel 2014, il calo delle attività economiche è alto in Puglia e in Sardegna, si attenua la flessione in Abruzzo, Campania e Sicilia, migliora molto il Molise, la Basilicata e la Calabria che presenta il risultato più incoraggiante (-0,2%). Insomma, scrive l’Istat, è la disomogeneità la prima caratteristica di un pae- se dove si giustappongono punte di eccellenza e vitalità a problemi specifici per singole aree, settori, gruppi di cittadini o di famiglie.

Il punto chiave, sostiene l’istituto nazionale di statistica, è l’assenza da molti decenni del Mezzogiorno dalle priorità delle policy, mentre ha preso piede un modello che ha allargato il divario con le aree Settentrionali, non soltanto sul terreno delle attività economiche e dell’occupazione ma anche in quasi tutte le dimensioni del benessere: «Il problema è tale che se non si recupera il Mezzogiorno (le sue imprese, le sue città, i suoi residenti) alle dimensioni di sviluppo e di crescita su cui si stanno avviando altre aree e altri soggetti del paese, sviluppo e crescita non potranno che essere penalizzati, quantitativamente e qualitativamente, rispetto agli altri paesi».

1  Sulla base di questa evidenza, indica l’Istat, per riportare il Mezzogiorno sul sentiero della crescita appaiono opportuni tre tipi d’investimenti: in capitale fisico, in capitale sociale (cioè nella fiducia reciproca dei cittadini e degli operatori economici, a partire dalla scala urbana), in un’amministrazione “responsabile” e capace di politiche verificabili nei loro risultati.

 

I vantaggi economici di un patrimonio culturale diffuso.

Spesso il riferimento alla storia, alla tradizione, all’eleganza, allo stile e alla qualità della vita che caratterizzano l’Italia è trattato come uno stereotipo. Però è in questa accezione che si fa riferimen- to al Made in Italy inteso non come comparto (si tratta invece di una pluralità di settori) ma come risorsa intangibile che “dà valore” cristallizzandosi in alcune produzioni nazionali e tipicità territo- riali. Poiché vive di un delicato equilibrio tra componenti tecnico-economiche e culturali- territoriali, il Made in Italy chiama in causa metodi e competenze localizzate, tradizioni produttive, usi nuovi di materiali, oggetti, competenze.

Anche l’Istat ricorda che fattori come il patrimonio artistico e naturale, la storia e la tradizione locale, la qualità della vita rappresentano opportunità per i territori, nel senso che le risorse fisiche e le attività economiche rispecchiano la vocazione culturale e attrattiva dei luoghi – concetto nel qua- li si ricomprende il patrimonio storico e monumentale, quello paesaggistico, le risorse agro- alimentari, l’artigianato artistico, l’industria culturale e creativa.

Il Made in Italy, insomma, non si riferisce solo al mondo manifatturiero. Esiste un Made in Italy della terra, dove le componenti intangibili del valore sono radicate nell’impresa agricola e zoo- tecnica, non più semplici produttrici di beni che l’industria alimentare si incarica di trasformare e “rivestire” di contenuti immateriali, ma attori strategici di una filiera sempre più spesso complessa e integrata.

Esiste un Made in Italy della distribuzione, si pensi all’esperienza di Eataly – la più nota – ai negozi monomarca e infine ai tanti esercizi commerciali capaci di creare valore attraverso l’investimento nel contenuto esperienziale. Ed esiste un Made in Italy dell’accoglienza e della risto- razione, ancorato alle qualità del territorio eppure sempre più intrecciato alle reti internazionali della promozione, che gioca un ruolo chiave nella mobilitazione dell’incoming turistico, di visitato- ri, residenti temporanei, studenti, operatori economici interessati alla qualità del vivere oltre che dai tradizionali asset localizzativi.

Questa accezione del Made in Italy è al centro della ricerca. Economia della terra. Cibo, territorio, vocazioni, sviluppo in Calabria.

COME SI SVOLGE LA RICERCA

La ricerca intende approfondire lo stato dell’arte, le possibilità di sviluppo, la reazione alla crisi, gli adattamenti, le scelte operate dalle imprese che hanno al cuore del loro modello e prodotto la valo- rizzazione delle risorse territoriali e culturali della regione Calabria.

Partendo dalla filiera agroalimentare (produzione, distribuzione, commercializzazione), l’indagine intende allargare lo sguardo verso le filiazioni economiche che legano il cibo alla valoriz- zazione territoriale, analizzando le trasformazioni in corso tra le imprese, osservando casi emble- matici di trasformazione di prodotto e di processo, intrecciando storie d’impresa e storie personali. Attraverso la lente del cibo, ci si propone di osservare i tanti microsettori ad esso collegati, in un’ottica integrata e trasversale: l’agricoltura e la trasformazione agroalimentare; la produzione di sistemi, macchine e apparati; la trasformazione delle risorse naturali; la commercializzazione; la leva turistica e l’impresa culturale.

Certificato dall’Expo, il tema del cibo sta assumendo crescente importanza a livello nazionale. La filiera agroalimentare ha aumentato il proprio valore aggiunto nel periodo 2008-2012, con una incidenza pari al 13% sul sistema economico complessivo, e un peso del 20% in termini di occupa- zione (dati 2012). L’Italia è fra i pochi paesi comunitari a svolgere una rilevazione annuale sulle DOP-IGP-STG che rappresentano il mercato dei prodotti di qualità, che ha visto crescere la propria quota di fatturato in export del 200% fra il 2004 e il 2013.

Il secondo luogo, la ricerca intende mettere in luce il modo con cui prende forma e viene inter- pretato il concetto di sostenibilità, in senso ampio e non limitato all’impatto ambientale delle pro- duzioni. È ormai maturata la prospettiva secondo la quale nessuna via d’uscita dalla crisi sia prati- cabile senza scommesse lungimiranti su un’economia “a misura d’uomo”, nel senso che sostenibilità significa curare il rinnovamento delle risorse come base di un possibile rilancio delle nostre econo- mie, anche in chiave sociale.

L’esplodere della crisi ha reso evidente l’insostenibilità di un modello basato sulla massimizza- zione dei profitti a breve, mettendo in discussione la concezione dell’impresa come “macchina con- tro il sociale”. Anche in ambito Comunitario (si pensi ai fondi di ricerca Horizon 2020 destinati alla social innovation), l’innovazione non viene concepita come sviluppo di nuovi prodotti o tecno- logie sostitutive di lavoro vivo, al contrario considera le imprese come “sistemi aperti”, in grado di assorbire e dare valore alla capacità creativa e alle conoscenze diffuse, soddisfare bisogni collettivi, proporre nuove dimensioni della vita attiva, nel lavoro come nelle attività espressive e civiche.

GLI ARGOMENTI DELL’INTERVISTA

Cuore della ricerca è la descrizione di alcuni casi d’impresa che prende forma attraverso la rea- lizzazione di interviste in profondità a imprenditori e artigiani calabresi, con storie di vita e profes- sionali emblematiche. Obiettivo dell’intervista è cogliere le peculiarità della singola esperienza im- prenditoriale col suo specifico carico di visioni, successi e intenzioni, per leggere attraverso la sin- gola esperienza la trasformazione del mondo di cui fa parte.

Le interviste vengono condotte seguendo una traccia che, oltre a mettere in luce alcune infor- mazioni generali utili a tratteggiare i caratteri dell’impresa (dimensione, addetti, mercati, tipologie di clienti), è finalizzata a fare emergere i caratteri di innovazione del prodotto e dei processi pro- duttivi, e il legame fra impresa e territorio.

Si prevede una durata del colloquio di 90 minuti, al termine del quale sarà consegnata una bre- ve scheda di raccolta dati richiedendo all’impresa di precisarla negli eventuali aspetti che non fosse- ro già emersi nel corso della conversazione.

 

Argomenti trattati nel colloquio

Breve storia dell’impresa
Proprietà, forma, organizzazione
Addetti e loro caratteristiche
Prodotti e cambiamenti intervenuti
Qualità, Made in Italy, sostenibilità
Mercati e internazionalizzazione
Reti e partnership, rapporti con il territorio
Dimensioni dell’innovazione (tecnologica, di prodotto, organizzativa)
Crisi e suoi impatti
Andamento, cambiamenti e previsioni
I fattori di successi dell’impresa
Opportunità e rischi nel futuro dell’impresa

L’indagine è svolta da un gruppo composto da sociologi ed economisti, dell’Università della Calabria e del centro di ricerca Torino Nord Ovest. Il lavoro sarà completato entro marzo 2016.


La Vita Non Dipende (Bevi con la Testa)

Tante scuole e oltre 800 studenti provenienti da Firenze Pisa e Lucca hanno preso parte sabato mattina all'incontro dal titolo ‘La vita non dipende’ organizzato dal Progetto Nazionale #testadialkol ‘Bevi con la Testa’ che ha visto al centro del dibattito il tema delle dipendenze da sostanze psicotrope che affligge sempre di più i giovanissimi.

Nell’auditorium del Cto di Careggi, il convegno patrocinato dalla Regione Toscana presentato dall'attore Gaetano Gennai, che da tempo ha sposato il progetto TestadiAlkol e  moderato dal direttore de L’Unitá Erasmo D'Angelis, ha avuto come ospite d’onore l’inviato di Striscia la Notizia, Luca Abete, ideatore del tour motivazionale #noncifermanessuno.
L'incontro ha avuto come relatori l’assessore alla Sanità della Regione, Stefania Saccardi, Andrea Borghi della Polizia stradale di Firenze, Federico Gelli presidente del Cesvot, la direttrice generale di Careggi Monica Calamai, il professor Valentino Patussi direttore Centro Alcologico Toscano, il deputato Marco Donati, il direttore dell’Aci Firenze Alessandra Rosa, il dirigente della Polizia Stradale di Firenze, Carmine Tabarro, il Comandante Marco Seniga, il Presidente del Cru Unipol Toscana, Massimo Biagioni, l’esperto in comunicazione sociale Bruno Lo Cicero e il presidente Arcat Toscana, Pierfranco Severi.

I numeri emersi sono allarmanti: 3500 incidenti all’anno in Italia che hanno causato la morte di 22 persone. Solo negli ultimi cinque anni si sono registrati 177 incidenti mortali causati da guida in stato di ebbrezza o a causa di sostanza stupefacenti, e quasi la metà delle persone rimaste uccise, non erano quelle alla guida in stato di ebbrezza, ma quelle investite e travolte.

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A Bologna si è svolta l'assemblea di Legacoop Servizi Emilia-Romagna

"Legalità e regole sono tra le stelle polari di una imprenditoria matura – e in generale, delle classi dirigenti – conscia del proprio ruolo e degli effetti estremamente negativi che il mancato rispetto delle regole provoca nella competizione economica e nel corpo sociale" lo ha ricordato, nel corso dell’assemblea regionale dell’associazione dedicata a questi temi, il presidente di Legacoop Servizi Emilia-Romagna, Alberto Armuzzi.

All’incontro, che si è tenuto a Bologna presso la Torre Legacoop, hanno partecipato Massimo Mezzetti, assessore alla legalità della Regione Emilia-Romagna, Giovanni Monti, presidente Legacoop Emilia-Romagna, Alberto Armuzzi, presidente Legacoop Servizi Emilia-Romagna, Enzo Risso, SWG, Giulia Balugani, SCS Azioninnonva, Vincenzo Colla, in rappresentanza di Cgil, Cisl, Uil, Alessandro Millo, Direzione territoriale del Lavoro, Stefano Cevenini, presidente Unilog, Antonella Pasquariello, presidente Camst, Corrado Pirazzini, presidente Copura, Carlo Pilotti, Cru UnipolSai e Federico Bolzoni, presidente nazionale Legacoop Servizi.

L’incontro è stato occasione anche per tracciare un bilancio degli anni che vanno dal 2008, inizio della crisi, al 2014 con anche alcune previsioni per il 2015. Nel merito (a consuntivo l’andamento 2008/2014 e a preventivo quello 2015) il fatturato pur calando nel 2014 del –10,72% sul 2013 (per effetto della cessione di una società controllata ritenuta non più strategica) recupera nel 2015 circa 9 punti percentuali sul 2013; le riserve crescono attestandosi al 24% del fatturato; negli anni presi a campione, l’utile ha ottenuto delle performance con recupero positivo, ancorchè altalenante, con un significativo recupero nel 2014 pari al + 78% sul 2013, mentre nel 2015 si registra una leggera flessione, confermando comunque un andamento positivo.

"Quello che balza agli occhi e che emerge con nitidezza – ha osservato Armuzzi – è la costante crescita degli addetti (soci lavoratori, soci imprenditori e dipendenti) passando dalle 65.052 unità nel 2008 alle 74.462 del 2014 (pari al + 14,6%) con un tendenziale nel 2015 di un’ulteriore crescita sul 2014 dello + 0,5%". Nella sua relazione, Armuzzi ha anche elencato i punti di maggiore rilievo nell’azione associativa: il nuovo codice degli appalti, l’impegno sui contratti nazionali, le modalità da adottare per un equo e razionale contenimento dei costi della pubblica amministrazione, i tempi di pagamento dei servizi da parte della PA e della Sanità.

Per Antonella Pasquariello, presidente Camst e vicepresidente di Legacoop Emilia-Romagna, "i settant’anni di storia della nostra cooperativa sono stati possibili anche perchè abbiamo operato nel rispetto della legalità, che rappresenta per noi uno strumento utile al vantaggio competitivo sul mercato e che continuerà ad esserlo anche in futuro. Riferendoci al nostro settore, la ristorazione, ritengo che sarebbe opportuno intensificare i controlli da parte delle stazioni appaltanti, questo aiuterebbe a stabilire maggiore equità e garanzie per tutti. Riteniamo fondamentale il ruolo che Legacoop Servizi riveste nel  rappresentare i principi e i valori su cui si fonda il concetto stesso di cooperativa e nell'operare attivamente perchè il rispetto di queste regole sia attuato concretamente da parte delle imprese".

"Le cooperative di servizi hanno saputo tenere la barra dritta, mantenendo fermi e saldi i propri principi cardine e i valori cooperativi che in questa particolare situazione si sono affermati come valore aggiunto e strategico – ha osservato il presidente di Legacoop Emilia-Romagna Giovanni Monti –. Pur dovendo affrontare situazioni di difficoltà e di crisi, la cooperazione dei servizi è cresciuta, scegliendo la strada degli investimenti in innovazione, salvaguardando e ampliando l’occupazione e consolidando il radicamento territoriale».


10 Trend Emergenti per il Settore Assicurativo

Il Gruppo Unipol nel 2014 ha deciso di istituire una funzione di presidio specifica e creare un Osservatorio dedicato, denominato “Osservatorio Reputational & Emerging Risks”, per garantire il costante allineamento tra aspettative degli stakeholder (Clienti, Dipendenti, Agenti, Autorità di vigilanza, Istituzioni pubbliche, ecc.) e risposte del Gruppo nonché intercettare con anticipo i fenomeni più significativi per cogliere nuove opportunità di business e prevenire potenziali ambiti di rischio. Anche nell’ultima edizione del Report “Global Risks” del World Economic Forum, è stata introdotta per la prima volta la nozione di “Trend”, intesi come fenomeni di lungo periodo da anticipare e monitorare in quanto possibili driver di rischi e opportunità. In tale ottica, il Gruppo Unipol ha sviluppato un modello per l’identificazione e valutazione dei rischi reputazionali ed emergenti, che si fonda sulla lettura integrata delle evidenze emerse dall’analisi del contesto esterno in termini di attese attuali e prospettiche degli stakeholder (Azionisti, Clienti, Agenti, Dipendenti, Autorità di Vigilanza, ...) con quanto emerge dalla lettura del contesto interno in termini di presidio e risposte del Gruppo alle attese.

Ecco l'indagine completa in formato PDF (1,4MB) 10 Trend Emergenti per il Settore Assicurativo

e l'infografica con i trend rilevati

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Dalla Sharing Economy all’Economia Collaborativa

È disponibile on-line la ricerca “Dalla Sharing Economy all’Economia Collaborativa: l’impatto e le opportunità per il mondo cooperativo”, promossa dalla Fondazione Unipolis in collaborazione con Generazioni Legacoop, realizzata da Agenzia Lama e Social Seed.
La ricerca si propone di analizzare le forme emergenti dell’economia collaborativa, per individuare eventuali punti di contatto o di interazione con il mondo delle imprese cooperative ed evidenziare gli ambiti di innovazione e “contaminazione reciproca” che possono emergere per questi due mondi.
L’ipotesi di partenza dello studio è che vi siano alcuni elementi comuni, a livello di linguaggio ma anche di filosofia di fondo, tra cooperative ed economia collaborativa. D’altra parte, le parole stesse lo dicono: economia della condivisione, economia collaborativa, cooperazione. Siamo senz’altro in un terreno vicino, ovvero il terreno di un’economia che vuole vedere nelle persone una risorsa fondamentale e nella collaborazione o cooperazione la forma più efficiente, efficace e sostenibile di “fare economia” e dare risposta ai bisogni umani.

L’obiettivo ultimo della ricerca è stimolare una riflessione tra le cooperative, per suggerire una nuova lettura dei fenomeni contemporanei ed evidenziare le possibilità concrete che emergono di fare innovazione cooperativa “ispirata” all’economia collaborativa. Allo stesso tempo, ribaltando la prospettiva, si propone una riflessione sul ruolo che i principi e i modelli cooperativi possono giocare nella proposizione di modelli di economia collaborativa democratici, realmente orizzontali, basati sulla partecipazione, la centralità della persona e l’attenzione agli impatti sociali, superando quelle che sono attualmente alcune delle principali criticità dell’economia collaborativa.

Lo studio è stato oggetto di un primo confronto nel corso di un workshop a inviti (Bologna, 15 settembre 2015), al quale hanno preso parte esponenti del mondo cooperativo, rappresentanti e studiosi del mondo della sharing economy. All’interno della pubblicazione sono stati inseriti anche alcuni degli interventi e dei contributi di quella giornata di lavoro.

La ricerca è stata presentata pubblicamente martedì 10 novembre a Milano durante la terza edizione di Sharitaly, l’appuntamento annuale dedicato all’economia collaborativa, di cui Fondazione Unipolis è stato partner e sostenitore.

Ecco la ricerca in formato PDF (654kb) Ricerca-Economia-collaborativa-e-Cooperazione