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Economia della terra. Cibo, territorio, vocazioni, sviluppo in Calabria.
La terra, intesa come l’ambiente naturale con le sue ricchezze, le attività produttive e trasformative, i giacimenti di cultura, le tradizioni delle società, è la risorsa al centro di una ricerca promossa da Unipol con il Consiglio Regionale Unipol Calabria, e realizzata dall’Università della Calabria con il centro di ricerca Torino Nord Ovest, con l’obiettivo di avviare una riflessione sul futuro del territorio calabrese a partire dal rapporto fra imprese, istituzioni e risorse ambientali. Al cuore dell’indagine, che verrà presentata il 31 marzo all’Università della Calabria, è l’identificazione del profilo di una Economia della terra dove settori e prodotti si intrecciano, modelli di impresa diversi si sovrappongono, produzione e i servizi si mescolano, il lavoro si modifica e si specializza, la ricerca e l’innovazione hanno peso crescente, le opportunità cambiano.
Un sistema in cui attori pubblici e privati si muovono alla ricerca di prospettive e di collaborazione, rafforzando l’idea che il Made in Italy non è esclusivamente manifattura. Al contrario esiste un Made in Italy della terra, dove le componenti intangibili del valore sono radicate nell’impresa agricola e zootecnica, non più semplici produttrici di commodities che l’industria alimentare s’incaricherà di trasformare e “rivestire” di contenuti immateriali, ma attori strategici di una filiera sempre più spesso governata o integrata. Esiste un Made in Italy della distribuzione, pensando all’esperienza non solo di Eataly (la più nota) ma anche dei tanti esercizi commerciali capaci di creare valore attraverso l’investimento nel contenuto esperienziale. Ed esiste un Made in Italy dell’accoglienza e della ristorazione, ancorato alle qualità del territorio ma al tempo stesso intrecciato alle reti internazionali della promozione, che gioca un ruolo chiave nella mobilitazione dell’incoming turistico fatto di visitatori, residenti temporanei, studenti, operatori economici interessati alla qualità del vivere oltre che dai tradizionali asset localizzativi.
Partendo dalla filiera agroalimentare (produzione, distribuzione, commercializzazione), la ri-cerca ha allargato lo sguardo verso le “filiazioni economiche improprie” che legano il cibo alla valorizzazione territoriale, analizzando le trasformazioni in corso tra le imprese, osservando casi emblematici di trasformazione di prodotto e di processo, intrecciando storie di azienda e storie di imprenditori. I casi imprenditoriali osservati, diversi per dimensione, governance, settore e mercati di riferimento, hanno toccato temi come la visione di sviluppo dell’impresa, la sfida della internazionalizzazione, l’innovazione tecnologica e organizzativa, l’evoluzione del prodotto, il rapporto con il mondo del lavoro e con le comunità, la responsabilità sociale.
Al centro dell’osservazione anche il concetto di sostenibilità, intesa in senso ampio e non limitato all’impatto ambientale delle produzioni. Poiché è ormai matura una prospettiva secondo la quale nessuna via d’uscita dalla crisi è praticabile senza scommesse lungimiranti su un’economia “a misura d’uomo”, dove sostenibilità significa curare il rinnovamento come base di un possibile rilancio delle nostre economie anche in chiave sociale. L’esplodere della crisi ha reso evidente l’insostenibilità di un modello basato sulla massimizzazione dei profitti a breve, mettendo in discussione la concezione dell’impresa come “macchina contro il sociale”. Mentre in ambito Comunitario l’innovazione non viene concepita come sviluppo di nuovi prodotti o tecnologie sostitutive di lavoro vivo, considera le imprese come sistemi aperti, in grado di assorbire e dare valore alla capacità creativa e alle conoscenze diffuse, soddisfare bisogni collettivi, proporre nuove dimensioni della vita attiva, nel lavoro, nelle attività espressive e civiche.
A questo insieme di concetti, all’interno di un quadro multiforme e sfumato, guardano le imprese più attive e capaci, mettendo in atto scelte e comportamenti coerenti, incamminandosi sulla strada di un miglioramento dell’autonomia e delle performance attraverso strategie aziendali che puntano a diversificare, competere ma anche tutelare il paesaggio, puntare sulla qualità e sicurezza dei prodotti.
La ricerca ha preso forma in una baseline che fotografa le caratteristiche quantitative della “economia della terra” a specializzazione calabrese, attraverso la ricognizione e lettura incrociata di dati ufficiali e della letteratura scientifica sul tema e l’elaborazione di fonti statistiche. In secondo luogo ha realizzato una indagine sul campo ricostruendo alcune storie aziendali emblematiche per mezzo di interviste in profondità a imprenditori e manager, per cogliere – dietro la peculiarità della singola esperienza imprenditoriale, col suo specifico carico di visioni, successi e difficoltà – l’attitudine di un mondo ed astrarre scelte e comportamenti generalizzabili a un progetto territoriale. Con l’obiettivo ultimo di arricchire la base informativa disponibile alla società locale favorendo il dibattito pubblico sui temi dell’impresa, del lavoro e dello sviluppo.
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Un sistema in cui attori pubblici e privati si muovono alla ricerca di prospettive e di collaborazione, rafforzando l’idea che il Made in Italy non è esclusivamente manifattura. Al contrario esiste un Made in Italy della terra, dove le componenti intangibili del valore sono radicate nell’impresa agricola e zootecnica, non più semplici produttrici di commodities che l’industria alimentare s’incaricherà di trasformare e “rivestire” di contenuti immateriali, ma attori strategici di una filiera sempre più spesso governata o integrata. Esiste un Made in Italy della distribuzione, pensando all’esperienza non solo di Eataly (la più nota) ma anche dei tanti esercizi commerciali capaci di creare valore attraverso l’investimento nel contenuto esperienziale. Ed esiste un Made in Italy dell’accoglienza e della ristorazione, ancorato alle qualità del territorio ma al tempo stesso intrecciato alle reti internazionali della promozione, che gioca un ruolo chiave nella mobilitazione dell’incoming turistico fatto di visitatori, residenti temporanei, studenti, operatori economici interessati alla qualità del vivere oltre che dai tradizionali asset localizzativi.
Partendo dalla filiera agroalimentare (produzione, distribuzione, commercializzazione), la ri-cerca ha allargato lo sguardo verso le “filiazioni economiche improprie” che legano il cibo alla valorizzazione territoriale, analizzando le trasformazioni in corso tra le imprese, osservando casi emblematici di trasformazione di prodotto e di processo, intrecciando storie di azienda e storie di imprenditori. I casi imprenditoriali osservati, diversi per dimensione, governance, settore e mercati di riferimento, hanno toccato temi come la visione di sviluppo dell’impresa, la sfida della internazionalizzazione, l’innovazione tecnologica e organizzativa, l’evoluzione del prodotto, il rapporto con il mondo del lavoro e con le comunità, la responsabilità sociale.
Al centro dell’osservazione anche il concetto di sostenibilità, intesa in senso ampio e non limitato all’impatto ambientale delle produzioni. Poiché è ormai matura una prospettiva secondo la quale nessuna via d’uscita dalla crisi è praticabile senza scommesse lungimiranti su un’economia “a misura d’uomo”, dove sostenibilità significa curare il rinnovamento come base di un possibile rilancio delle nostre economie anche in chiave sociale. L’esplodere della crisi ha reso evidente l’insostenibilità di un modello basato sulla massimizzazione dei profitti a breve, mettendo in discussione la concezione dell’impresa come “macchina contro il sociale”. Mentre in ambito Comunitario l’innovazione non viene concepita come sviluppo di nuovi prodotti o tecnologie sostitutive di lavoro vivo, considera le imprese come sistemi aperti, in grado di assorbire e dare valore alla capacità creativa e alle conoscenze diffuse, soddisfare bisogni collettivi, proporre nuove dimensioni della vita attiva, nel lavoro, nelle attività espressive e civiche.
A questo insieme di concetti, all’interno di un quadro multiforme e sfumato, guardano le imprese più attive e capaci, mettendo in atto scelte e comportamenti coerenti, incamminandosi sulla strada di un miglioramento dell’autonomia e delle performance attraverso strategie aziendali che puntano a diversificare, competere ma anche tutelare il paesaggio, puntare sulla qualità e sicurezza dei prodotti.
La ricerca ha preso forma in una baseline che fotografa le caratteristiche quantitative della “economia della terra” a specializzazione calabrese, attraverso la ricognizione e lettura incrociata di dati ufficiali e della letteratura scientifica sul tema e l’elaborazione di fonti statistiche. In secondo luogo ha realizzato una indagine sul campo ricostruendo alcune storie aziendali emblematiche per mezzo di interviste in profondità a imprenditori e manager, per cogliere – dietro la peculiarità della singola esperienza imprenditoriale, col suo specifico carico di visioni, successi e difficoltà – l’attitudine di un mondo ed astrarre scelte e comportamenti generalizzabili a un progetto territoriale. Con l’obiettivo ultimo di arricchire la base informativa disponibile alla società locale favorendo il dibattito pubblico sui temi dell’impresa, del lavoro e dello sviluppo.
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