Welfare: il tempo è (quasi) scaduto
Si è svolta oggi a Roma la presentazione dell’edizione 2019 del Rapporto Think Tank “Welfare, Italia” sviluppato da Unipol Gruppo con The European House – Ambrosetti, con il sostegno di un comitato scientifico composto da Veronica De Romanis, Giuseppe Guzzetti, Walter Ricciardi e Stefano Scarpetta.
L’iniziativa, all’interno del progetto Welfare Italia, laboratorio per le nuove politiche sociali, ha visto oltre 200 esponenti delle Istituzioni ed esperti del settore che hanno dibattuto sui vincoli e le proposte per garantire che il sistema di welfare del Paese possa continuare a funzionare rispondendo efficacemente anche ai nuovi bisogni emergenti.
Nell’ambito del Welfare Italia Forum 2019, sono stati proposti 4 pilastri di azione per passare da un sistema passivo ad uno attivo: ottimizzare le basi informative per il monitoraggio del welfare aumentando e mettendo a fattor comune la quantità di dati pubblici e privati per favorire i processi decisionali; lanciare un Welfare New Deal a livello europeo, riorganizzando i meccanismi (bonus, detrazioni, etc) e semplificando le normative esistenti per garantire un efficace relazione pubblico‐privato; adeguare l’offerta di servizi ai nuovi bisogni di age management e di long term care, incentivando l’adesione ai fondi pensione integrativi e sostenendo programmi di tutoring da parte dei lavoratori over 55; promuovere l’auto responsabilizzazione di individui e aziende attraverso campagne di comunicazione strutturate che conducano ad un approccio proattivo da parte dei cittadini.
La spesa pubblica complessiva in servizi di welfare nel 2018 ammonta a 488,3 miliardi di Euro. Tra le tre voci di spesa approfondite in dettaglio nel Rapporto (Sanità, Previdenza e Politiche Sociali), la componente pensionistica è quella con l’impatto maggiore: con un valore pari a 281,5 miliardi di Euro nel 2017, vale il 57,6% del totale della spesa sociale pubblica in Italia. All’interno di questo contesto, l’integrazione pubblico‐privato si configura come un meccanismo in grado di far fronte non solo ai crescenti vincoli di spesa del pubblico e al dualismo geografico, ma anche all’evoluzione dei bisogni dei beneficiari di servizi di welfare. A fine 2018 sono censiti 7,9 milioni di aderenti a forme di previdenza complementare (circa il 30% della forza lavoro) e 1,7 milioni di lavoratori beneficiano dei servizi di welfare aziendali offerti dalle imprese. Complessivamente, il segmento della sanità integrativa coinvolge 12,6 milioni di beneficiari nel 2018 (la spesa sanitaria privata ammonta a 40 miliardi di Euro), mentre gli aderenti a forme di previdenza complementare sono circa 7,9 milioni, pari al 30% della forza lavoro.
Per mettere a fuoco le necessità evolutive del sistema di welfare, al Welfare Italia Forum 2019 sono stati approfonditi i driver di cambiamento esogeni ed endogeni che agiscono sul sistema di protezione sociale e impattano sui bisogni dei fruitori dei servizi di welfare. L’aumento della speranza di vita – cresciuta in media di 1,7 anni dal 2008 ad oggi – la caduta del tasso di natalità del 25%, i cambiamenti del mercato del lavoro verso una maggiore diffusione delle forme non standard, le innovazioni tecnologiche che mettono ad alto rischio di automazione il 15% dei posti di lavoro nei prossimi 15‐20 anni, sono solo alcuni dei trend in atto. L’Italia è al 28° posto tra i Paesi dell’UE‐28 nell’Indice che valuta la capacità di un Paese nel favorire la transizione da istruzione a mercato del lavoro e il tasso di occupazione degli stranieri è tra i più bassi in Europa (60,9%). I divari di genere nel mercato del lavoro causano un costo di oltre 176,5 miliardi di Euro per il sistema‐Paese. Un punto chiave della discussione al Forum ha riguardato la necessità di una ricalibratura del sistema di welfare rispetto ai nuovi bisogni per garantirne la sostenibilità nel medio‐lungo termine. Occorre un intervento immediato per modificare il modello di welfare integrando i diversi attori (pubblico, privato, no‐profit e Unione Europea), per offrire ai cittadini le migliori e le più moderne risposte universalistiche di protezione sociale.
La fotografia tendenziale scattata dal Rapporto all’Italia del welfare al 2050 mostra infatti caratteristiche molto diverse da quella attuale. Dal punto di vista demografico, ci saranno 36.000 nascite annue in meno e 2,9 milioni di anziani non autosufficienti in più. Il tasso di dipendenza strutturale subirà un incremento di ben 27,2 punti percentuali rispetto a quello attuale. Il numero di stranieri salirà a circa 10,3 milioni (1 ogni 6 abitanti), anche se il contributo dell’immigrazione all’equilibrio demografico del Paese è ancora troppo basso e, nel tempo, si sta indebolendo. La combinazione di trend demografici e cambiamenti nel mercato del lavoro porterà nel 2050 ad un calo di ben 7,4 milioni di persone in età lavorativa e 2,3 milioni di occupati in meno. Nel complesso, si arriverà ad un rapporto di 1,1 pensionati per ogni lavoratore con necessarie conseguenze sul sistema previdenziale che, da un lato, vedrà aumentare di 1,3 p.p. l’incidenza della spesa pensionistica sul PIL e, dall’altro, andrà verso una riduzione del tasso di sostituzione di circa 15 p.p. rafforzando il senso di urgenza per accrescere la componente di previdenza integrativa. Le dinamiche economiche, inoltre, proiettano il raddoppio dei costi attuali in Long Term Care e 5,7 milioni di nuovi poveri che si andrebbero ad aggiungere al numero odierno. Il Think Tank “Welfare, Italia” delinea una visione che suggerisce un’evoluzione verso una maggiore flessibilità e personalizzazione delle prestazioni, un’integrazione funzionale tra pubblico e privato, una ridefinizione dei ruoli – nella direzione di una maggiore complementarietà – e un percorso di autoresponsabilizzazione di cittadini e imprese.
Tra le linee d’azione suggerite per la piena realizzazione della visione evolutiva vi è, inoltre, il lancio di un Welfare New Deal, un piano di intervento congiunto, con risorse a livello nazionale ed europeo, per cui è richiesto un atto di responsabilità da parte di tutti gli attori in campo. La transizione ad un welfare più inclusivo e sostenibile, inoltre, non può che passare da una riduzione dei forti divari del Paese, in molte aree fondamentali dello sviluppo: in Italia i giovani che non studiano, non lavorano e non si formano sono il 25,5%, ma in alcune Regioni del Sud superano il 40%, generando costi per il sistema‐Paese pari ad oltre 21 miliardi di Euro. Le famiglie italiane, soprattutto nel Mezzogiorno, tra il 2001 e il 2017 hanno perso tra 16 e 29 punti percentuali di reddito netto disponibile rispetto ad alcuni Paesi europei. Dalla ricerca emerge che se l’Italia, ottimizzando il sistema di welfare riducesse alcuni dei gap attuali in molte aree fondamentali dello sviluppo (occupazione femminile e giovanile, povertà, formazione, ecc.) si genererebbe un impatto positivo pari a oltre il 13% del PIL.
(Foto e immagini canali Twitter Unipol Gruppo)
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Si è svolta oggi a Roma la presentazione dell’edizione 2019 del Rapporto Think Tank “Welfare, Italia” sviluppato da Unipol Gruppo con The European House – Ambrosetti, con il sostegno di un comitato scientifico composto da Veronica De Romanis, Giuseppe Guzzetti, Walter Ricciardi e Stefano Scarpetta.
L’iniziativa, all’interno del progetto Welfare Italia, laboratorio per le nuove politiche sociali, ha visto oltre 200 esponenti delle Istituzioni ed esperti del settore che hanno dibattuto sui vincoli e le proposte per garantire che il sistema di welfare del Paese possa continuare a funzionare rispondendo efficacemente anche ai nuovi bisogni emergenti.
Nell’ambito del Welfare Italia Forum 2019, sono stati proposti 4 pilastri di azione per passare da un sistema passivo ad uno attivo: ottimizzare le basi informative per il monitoraggio del welfare aumentando e mettendo a fattor comune la quantità di dati pubblici e privati per favorire i processi decisionali; lanciare un Welfare New Deal a livello europeo, riorganizzando i meccanismi (bonus, detrazioni, etc) e semplificando le normative esistenti per garantire un efficace relazione pubblico‐privato; adeguare l’offerta di servizi ai nuovi bisogni di age management e di long term care, incentivando l’adesione ai fondi pensione integrativi e sostenendo programmi di tutoring da parte dei lavoratori over 55; promuovere l’auto responsabilizzazione di individui e aziende attraverso campagne di comunicazione strutturate che conducano ad un approccio proattivo da parte dei cittadini.
La spesa pubblica complessiva in servizi di welfare nel 2018 ammonta a 488,3 miliardi di Euro. Tra le tre voci di spesa approfondite in dettaglio nel Rapporto (Sanità, Previdenza e Politiche Sociali), la componente pensionistica è quella con l’impatto maggiore: con un valore pari a 281,5 miliardi di Euro nel 2017, vale il 57,6% del totale della spesa sociale pubblica in Italia. All’interno di questo contesto, l’integrazione pubblico‐privato si configura come un meccanismo in grado di far fronte non solo ai crescenti vincoli di spesa del pubblico e al dualismo geografico, ma anche all’evoluzione dei bisogni dei beneficiari di servizi di welfare. A fine 2018 sono censiti 7,9 milioni di aderenti a forme di previdenza complementare (circa il 30% della forza lavoro) e 1,7 milioni di lavoratori beneficiano dei servizi di welfare aziendali offerti dalle imprese. Complessivamente, il segmento della sanità integrativa coinvolge 12,6 milioni di beneficiari nel 2018 (la spesa sanitaria privata ammonta a 40 miliardi di Euro), mentre gli aderenti a forme di previdenza complementare sono circa 7,9 milioni, pari al 30% della forza lavoro.
Per mettere a fuoco le necessità evolutive del sistema di welfare, al Welfare Italia Forum 2019 sono stati approfonditi i driver di cambiamento esogeni ed endogeni che agiscono sul sistema di protezione sociale e impattano sui bisogni dei fruitori dei servizi di welfare. L’aumento della speranza di vita – cresciuta in media di 1,7 anni dal 2008 ad oggi – la caduta del tasso di natalità del 25%, i cambiamenti del mercato del lavoro verso una maggiore diffusione delle forme non standard, le innovazioni tecnologiche che mettono ad alto rischio di automazione il 15% dei posti di lavoro nei prossimi 15‐20 anni, sono solo alcuni dei trend in atto. L’Italia è al 28° posto tra i Paesi dell’UE‐28 nell’Indice che valuta la capacità di un Paese nel favorire la transizione da istruzione a mercato del lavoro e il tasso di occupazione degli stranieri è tra i più bassi in Europa (60,9%). I divari di genere nel mercato del lavoro causano un costo di oltre 176,5 miliardi di Euro per il sistema‐Paese. Un punto chiave della discussione al Forum ha riguardato la necessità di una ricalibratura del sistema di welfare rispetto ai nuovi bisogni per garantirne la sostenibilità nel medio‐lungo termine. Occorre un intervento immediato per modificare il modello di welfare integrando i diversi attori (pubblico, privato, no‐profit e Unione Europea), per offrire ai cittadini le migliori e le più moderne risposte universalistiche di protezione sociale.
La fotografia tendenziale scattata dal Rapporto all’Italia del welfare al 2050 mostra infatti caratteristiche molto diverse da quella attuale. Dal punto di vista demografico, ci saranno 36.000 nascite annue in meno e 2,9 milioni di anziani non autosufficienti in più. Il tasso di dipendenza strutturale subirà un incremento di ben 27,2 punti percentuali rispetto a quello attuale. Il numero di stranieri salirà a circa 10,3 milioni (1 ogni 6 abitanti), anche se il contributo dell’immigrazione all’equilibrio demografico del Paese è ancora troppo basso e, nel tempo, si sta indebolendo. La combinazione di trend demografici e cambiamenti nel mercato del lavoro porterà nel 2050 ad un calo di ben 7,4 milioni di persone in età lavorativa e 2,3 milioni di occupati in meno. Nel complesso, si arriverà ad un rapporto di 1,1 pensionati per ogni lavoratore con necessarie conseguenze sul sistema previdenziale che, da un lato, vedrà aumentare di 1,3 p.p. l’incidenza della spesa pensionistica sul PIL e, dall’altro, andrà verso una riduzione del tasso di sostituzione di circa 15 p.p. rafforzando il senso di urgenza per accrescere la componente di previdenza integrativa. Le dinamiche economiche, inoltre, proiettano il raddoppio dei costi attuali in Long Term Care e 5,7 milioni di nuovi poveri che si andrebbero ad aggiungere al numero odierno. Il Think Tank “Welfare, Italia” delinea una visione che suggerisce un’evoluzione verso una maggiore flessibilità e personalizzazione delle prestazioni, un’integrazione funzionale tra pubblico e privato, una ridefinizione dei ruoli – nella direzione di una maggiore complementarietà – e un percorso di autoresponsabilizzazione di cittadini e imprese.
Tra le linee d’azione suggerite per la piena realizzazione della visione evolutiva vi è, inoltre, il lancio di un Welfare New Deal, un piano di intervento congiunto, con risorse a livello nazionale ed europeo, per cui è richiesto un atto di responsabilità da parte di tutti gli attori in campo. La transizione ad un welfare più inclusivo e sostenibile, inoltre, non può che passare da una riduzione dei forti divari del Paese, in molte aree fondamentali dello sviluppo: in Italia i giovani che non studiano, non lavorano e non si formano sono il 25,5%, ma in alcune Regioni del Sud superano il 40%, generando costi per il sistema‐Paese pari ad oltre 21 miliardi di Euro. Le famiglie italiane, soprattutto nel Mezzogiorno, tra il 2001 e il 2017 hanno perso tra 16 e 29 punti percentuali di reddito netto disponibile rispetto ad alcuni Paesi europei. Dalla ricerca emerge che se l’Italia, ottimizzando il sistema di welfare riducesse alcuni dei gap attuali in molte aree fondamentali dello sviluppo (occupazione femminile e giovanile, povertà, formazione, ecc.) si genererebbe un impatto positivo pari a oltre il 13% del PIL.
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